La negazione è un processo di rimozione che il cervello attua nei confronti di tutto ciò che potenzialmente può generare dolore o far perdere i punti di riferimento. È una difesa che si attiva in modo automatico, spesso sotto il livello di coscienza razionale. Si verifica dunque in modo istintivo, inconscio, non visto.
In pratica, di fronte a una notizia che potrebbe destabilizzarti profondamente, il primo impulso del tuo cervello è negarla, rimuoverla, al più modificarla, in modo da renderla adatta ai confini della tua psicologia e non stravolgere le tue aspettative.
Questo meccanismo è connaturato in ciascuno di noi ed è tanto più forte e radicato quanto più affidi all'esterno i tuoi punti di riferimento e sei schiavo del bisogno di avere conferme e rassicurazioni.
Negare serve a salvare il mondo nel quale vivi e dal quale credi dipenda la tua sopravvivenza, dunque non puoi permettere che venga messo in discussione; allora cerchi giustificazioni, dissimuli, accetti dogmi spacciandoli per spiegazioni e rimuovi tutte quelle informazioni che possono mettere in crisi la realtà che hai deciso di difendere e con la quale sei in simbiosi.
Dato che, come accennato, si tratta di un processo automatico, connaturato nell'inconscio, esso può essere intercettato solo da colui che è "presente", ossia capace di immergersi nel profondo di se stesso, intuire le proprie ombre e osservare con distacco i moti della propria personalità.
La negazione si verifica a diversi livelli, con diverse intensità, in relazione al livello di consapevolezza della persona. Più quest'ultimo è grande, più grande sarà la sua capacità di tirarsi fuori dall'illusione e avvicinarsi alla verità con coraggio.
Quando ti trovi ad affrontare un problema ricorrente, o senti di essere dentro uno schema che si ripete a oltranza e dal quale vorresti liberarti, puoi esser certo che è in atto una negazione. Negazione di cosa? Di quella strada che ti sta chiamando, di quella versione di te che vorrebbe manifestarsi, ma alla quale non dai diritto di esistenza per paura che metta in discussione il vecchio mondo al quale ti sei legato.
Allora assumi atteggiamenti evitanti, dissimuli una vita che non ti appartiene, e l'universo te lo fa notare facendoti sprofondare in una realtà che ti rinnega sempre di più, come dentro a un disco rotto, in perfetta risonanza con il fatto che continui a rinnegare te stesso.
Ciò che neghi ti sottomette perché non solo non puoi scappare da ciò che cerchi di evitare, ma così facendo gli dai potere, il potere di condizionare le tue scelte e renderti sempre più schiavo delle tue maschere. Di conseguenza, non sei libero di essere o andare dove vuoi, neanche con la mente, essendo tutte le tue energie occupate nel processo della rimozione.
La tua personalità finisce con l'essere sottoposta a una pressione crescente, che ti rende sempre più fragile, costruito ed egoico. Non stupirti se vedi gente andare fuori di testa: la pressione dovuta alla continua negazione che le persone fanno nei confronti delle loro paure o di ciò che fa traballare le loro certezze genera inevitabilmente squilibri, disfunzioni, follie.
La negazione affonda le sue radici nella paura. Si nega per paura di non essere amati o amabili; per paura di perdere i propri punti di riferimento; per paura che il mondo ti crolli addosso; per paura di scoprirti imperfetto; e anche per paura di avere paura.
Si arriva a negare la stessa paura e i suoi moventi... ed ecco che ti ritrovi a dire: "Lo faccio per te!", quando dovresti dire: "Sto cercando di controllare la situazione perché ho paura per me!". E invece non lo dici, non puoi, perché hai rimosso quello che provi e rigettato la tua stessa paura, che così viene sprofondata nell'inconscio e da qui proiettata all'esterno, dove comanderà te e tutti coloro che hanno cercato di sopprimerla, annebbiando la mente e il cuore.
L'antidoto alla negazione è l'accettazione. Accettare non è subire, non è essere passivi, né rassegnarsi. Chi si rassegna molla, non spera neanche più di poter cambiare, o al limite resta nell'attesa di un salvatore.
Chi accetta sceglie attivamente di abbracciare gioie e dolori, certezze e insicurezze, e proprio per questo non può essere sottomesso dalle correnti della realtà, con le quali, invece, fluisce. Accettare è dunque l'arte di fluire con quello che c'è, con tutti i suoi risvolti, senza farsi catturare dallo scontro degli estremi.
Quando accetti, accetti tutto, anche la paura. E quando accetti la paura significa che la vedi, la riconosci, per questo puoi affrontarla, instaurare un rapporto con lei senza perdere te stesso.
Accettare ti porta a vedere come stanno veramente le cose, dentro e fuori di te, perché non hai più bisogno di fingere che siano diverse. Accettare qualcosa è riconoscergli il diritto di esistere, diritto che tu non neghi più.
Non significa che tutto ti deve andar bene, che sia giusto che ci siano tante malefatte in giro, né che devi smettere di cercare i luoghi che ti appartengono. Significa che lasci che la realtà sia così come vuole essere mentre tu scivoli verso la dimensione che più desideri, perché hai compreso che combattere qualcosa è dargli potere e che la soluzione non risiede nel sopprimere il problema.
Ciò che accetti non può più condizionarti, non può levarti energia, imprigionarti nella ferita, indurti a chiuderti o a combattere nella disperazione. Ciò che accetti può solo prenderti per mano e condurti con sé verso il prossimo passo della tua trasformazione.
Di fatto, tu sei sempre in trasformazione, perché sei un essere che vive, e come tale in evoluzione continua; ma blocchi questo processo quando ti opponi, quando neghi. Nel momento in cui accetti, la vita semplicemente procede e, nel suo procedere, si trasforma e ti trasforma.
Camilla
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