Ogni cosa ha un inizio e una fine, un momento in cui cresce, raggiunge un picco, e un momento in cui muore, o si trasforma in qualcos'altro, ma certamente non rimane uguale a se stessa. L'impermanenza, dicono saggiamente i buddisti, è la natura della realtà.
Questo principio è valido anche per il dolore interiore, per la sofferenza. Com'è che allora, delle volte, sembra tutt'altro che impermanente e anzi non passa mai? Com'è che si rimane nel rancore o nello sconforto così tanto e a lungo, o non si riesce a guarire dalle proprie visioni di rabbia?
Accade perché, in qualche modo, ci siamo opposti a quel dolore. Non abbiamo accettato di averlo incontrato lungo la nostra strada e lo reputiamo profondamente ingiusto.
È normale cercare di evitare la sofferenza, è parte dell'istinto. Ma a volte gli ostacoli accadono, i traumi succedono, e in quel caso non possiamo decidere di non averli incontrati, non possiamo scegliere di non provare dolore.
La cosa veramente saggia da fare è accettare quello che è successo. Non significa che perdoniamo tutto e tutti, o che di colpo diventiamo felici. Significa solo che la vita ci ha messo di fronte a un ostacolo, a una buca, a una caduta, e smettiamo di combattere il fatto che sia accaduto.
Se accettiamo la realtà, ci scopriremo ad andare avanti in un modo o nell'altro, sospinti dal flusso dell'esistenza. Il dolore (così come ogni altro sentire negativo) a un certo punto diminuirà, andrà via, perché anche lui ha natura impermanente, se solo lo lasciamo libero di essere.
Ma se ci opponiamo, se lo combattiamo a oltranza, il dolore non solo non diminuirà, ma si farà più grande perché nutrito dalla nostra energia, e ci porterà all'inferno.
Conosco persone che, anche dopo anni, ancora si interrogano senza pace sul perché una certa persona abbia fatto loro un torto. Dicono a se stesse che vogliono solo "capire", trovare "giustizia", ma la realtà è che non accettano che la vita sia andata in quel modo, e, non accettandolo, sono precipitate nell'inferno del rimuginare, del rancore, della perdita di vitalità. Passano gli anni, il tempo si fa più raro, ma loro lo buttano via.
Se stai vivendo un trauma, se hai un dolore, concediti pure il tempo del lutto e della rabbia, ma poi accettalo, lascia che sia.
Per sconfiggere il male non bisogna generare sentimenti di opposizione e lotta, ma assumere un atteggiamento di libertà, quella libertà che lascia a ogni cosa la possibilità di essere e di accadere.
Camilla
Questo principio è valido anche per il dolore interiore, per la sofferenza. Com'è che allora, delle volte, sembra tutt'altro che impermanente e anzi non passa mai? Com'è che si rimane nel rancore o nello sconforto così tanto e a lungo, o non si riesce a guarire dalle proprie visioni di rabbia?
Accade perché, in qualche modo, ci siamo opposti a quel dolore. Non abbiamo accettato di averlo incontrato lungo la nostra strada e lo reputiamo profondamente ingiusto.
È normale cercare di evitare la sofferenza, è parte dell'istinto. Ma a volte gli ostacoli accadono, i traumi succedono, e in quel caso non possiamo decidere di non averli incontrati, non possiamo scegliere di non provare dolore.
La cosa veramente saggia da fare è accettare quello che è successo. Non significa che perdoniamo tutto e tutti, o che di colpo diventiamo felici. Significa solo che la vita ci ha messo di fronte a un ostacolo, a una buca, a una caduta, e smettiamo di combattere il fatto che sia accaduto.
Se accettiamo la realtà, ci scopriremo ad andare avanti in un modo o nell'altro, sospinti dal flusso dell'esistenza. Il dolore (così come ogni altro sentire negativo) a un certo punto diminuirà, andrà via, perché anche lui ha natura impermanente, se solo lo lasciamo libero di essere.
Ma se ci opponiamo, se lo combattiamo a oltranza, il dolore non solo non diminuirà, ma si farà più grande perché nutrito dalla nostra energia, e ci porterà all'inferno.
Conosco persone che, anche dopo anni, ancora si interrogano senza pace sul perché una certa persona abbia fatto loro un torto. Dicono a se stesse che vogliono solo "capire", trovare "giustizia", ma la realtà è che non accettano che la vita sia andata in quel modo, e, non accettandolo, sono precipitate nell'inferno del rimuginare, del rancore, della perdita di vitalità. Passano gli anni, il tempo si fa più raro, ma loro lo buttano via.
Se stai vivendo un trauma, se hai un dolore, concediti pure il tempo del lutto e della rabbia, ma poi accettalo, lascia che sia.
Per sconfiggere il male non bisogna generare sentimenti di opposizione e lotta, ma assumere un atteggiamento di libertà, quella libertà che lascia a ogni cosa la possibilità di essere e di accadere.
Camilla
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