Il giudizio si insinua spesso nella vita di tutti noi facendo danni enormi, soprattutto quando non viene visto e viene dato per scontato... Ne parlo in un capitolo del mio libro AAA cercasi guru disperatamente, che ti riporto qui sotto. Alla fine del testo troverai anche un video di commento a questo argomento.
Giudicare è creare divisione e la divisione a sua volta crea giudizio: un ciclo infinito di torbida e oscura energia che plasma in modo poco piacevole tutti gli aspetti dell’esistenza.
Hai mai notato come ciò che giudichi (persone, eventi, cose) diventi sempre più brutto e disarmonico, e come ciò che ami cresca in bellezza e armonia? Questo effetto è tanto più marcato quanto più a giudicare o ad amare è una collettività rispetto al singolo individuo.
Uscire dal ciclo del giudizio diviene non solo auspicabile ma necessario, se vogliamo davvero creare una nuova realtà. Dobbiamo modificare il nostro sguardo in modo che si apra all’accoglienza e alla compassione.
Quando ascolto la storia delle persone, spesso vi trovo incredibili corrispondenze con i miei vissuti, accorgendomi di come noi tutti siamo intrecciati nel profondo e mai veramente separati. Credo che non possiamo muovere un solo filo dentro o fuori di noi senza che altri non ne siano toccati in qualche modo.
Nonostante questa profonda connessione, ciascuno di noi è unico e percorre un unico sentiero che non può mai essere compreso in tutte le sue sfaccettature da chi percorre sentieri diversi, per tale motivo non ha mai senso giudicare gli altri.
Giudichiamo perché abbiamo presupposto di essere disconnessi da coloro che stiamo criticando: ci sentiamo diversi, migliori, siamo convinti di saperne più di loro e dimentichiamo che esistono fili infiniti che intrecciano tutte le esistenze. Forse è vero, forse a volte siamo davvero più competenti, responsabili o capaci e per questo ci sentiamo nel diritto di giudicare ma, se fossimo consapevoli di come ciò che il nostro sguardo incontra sia connesso con il nostro mondo interiore, non giudicheremmo così facilmente, anzi ci metteremmo in ascolto delle ombre e delle storie che esse cercano di raccontarci, invece di puntare il dito contro di loro.
Il giudizio, per quanto possa sembrare ragionevole, ha una visuale limitata. Non scorge oltre quel che appare. Non vede tutta la trama. Ha fretta di tagliar via ciò che disturba, convinto di saperne più di tutti.
Il giudizio non conosce accoglienza, eppure solo accogliendo si può vedere il quadro nella sua interezza. I fiori dell’albero non giudicano le radici o il tronco, né criticano i fragili germogli appena nati o i frutti caduti, tuttavia è quanto accade fra noi umani ogni volta che giudichiamo: non ci accorgiamo di essere parte dello stesso organismo dove ognuno ha un suo tempo e un suo ruolo, l’uno in connessione con l’altro.
È importante distinguere tra giudizio e valutazione.
Il giudizio punta il dito, crea divisione, divide tra bravi e cattivi, alimenta il vittimismo e la lamentela, e fa leva sui sensi di colpa.
Nella valutazione, invece, operiamo un discernimento: facciamo le nostre scelte e portiamo avanti i valori in cui crediamo, ma lasciamo agli altri la libertà di decidere per loro stessi, nella consapevolezza che ognuno ha la propria via da percorrere.
Si tratta di due modalità apparentemente simili ma di fatto differenti. Nel giudizio condanniamo gli altri e molte volte proviamo rabbia o frustrazione. Nella valutazione ci prendiamo la responsabilità dei nostri sentimenti, senza cercare di dare la colpa agli altri.
Mi sono resa conto di quanto l’abitudine al giudizio fosse radicata in me quando ho provato a trascorre almeno un giorno intero senza esprimere o pensare alcun giudizio di sorta, e non mi riferisco solo al giudizio verso gli altri o me stessa, ma anche verso qualunque situazione (il tempo climatico, l’autobus che arriva in ritardo, ecc.). È stata un’impresa che non ho mai portato a termine perché prima della fine della giornata mi sfugge sempre un qualche pensiero o emozione giudicante. È terrificante rendermi conto di come l’energia del giudizio sia così radicata e pronta a emergere in ogni istante e di come allo stesso tempo venga data per scontata da moltissime persone.
Con il tempo ho imparato a percepire le mie dinamiche giudicanti anche quando sono molto sottili o sembra che non ci siano. Appena mi accorgo di esprimere un giudizio, mi sforzo di trasmutarlo in una valutazione costruttiva. Continuo incessantemente a lavorare sul giudizio, sforzandomi di non farmene coinvolgere in modo automatico e cercando di dare forza a una visione più consapevole della realtà. Questo mio intento viene fortemente sfidato quando entro in contatto con ambienti difficili, ambienti che cercano di provocarmi affinché partecipi alla loro atmosfera giudicante.
Visto il modo in cui risento delle influenze ambientali, sovente mi chiedo se sono io a determinare la mia realtà o se è la realtà a determinare ciò che io sono. Posso cambiare me stessa a prescindere dal mondo che ho intorno? E se anche ci riuscissi, il mondo cambierebbe di conseguenza?
Il cuore mi dice che tutto quello che devo fare è lavorare sui miei pensieri critici, anche quelli più piccoli, anche quelli che compongono il dialogo interiore, spesso nascosto alla coscienza di superficie. Mi rivela che quando trascorrerò almeno ventiquattr’ore completamente senza giudizio, quello sarà il giorno in cui mi accorgerò che anche tutto il mondo intorno a me sarà cambiato.
Camilla
Il mio libro:
(Anima Edizioni)
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Credits image: Maggie Zhan
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