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Prigioni e liberazioni



Per qualche strano meccanismo di sopravvivenza, coloro che abitano in una gabbia a un certo punto si attaccano a essa come fosse un’estensione del loro essere. Alla sola idea di uscirne provano un senso di inquietudine, temono di abbandonare una parte di sé e, quando finalmente le porte della gabbia si aprono, esitano, fanno resistenza.

Oltre le porte di ogni gabbia c’è la fine di ciò che è stato fino a quel momento, c’è un mondo ignoto, ma non tutti hanno l’ardire di esplorarlo. Gabbie sono i propri attaccamenti. Gabbie sono le credenze oramai stantie. Gabbie sono le decisioni prese per paura. A un certo punto bisogna aprire la porta e uscirne.

E gabbie sono i nostri corpi quando non servono più, quando è il momento della liberazione, allora l’universo offre il suo dono di libertà, apre la porta della gabbia e richiama a sé, nella fauci del suo mistero, lo spirito vitale che abitava la forma.

Chi resta a guardare, chi resta al di qua delle sbarre, chiama tutto ciò morte perché i suoi occhi scorgono solo cadaveri, scorgono l’involucro di ciò che è stato, ma non di ciò che sarà.

Nel momento in cui nasci vieni consegnato alla morte. Nel momento in cui accetti di entrare nella vita sei destinato alla liberazione. A nulla vale la protesta del piccolo io, a nulla vale il suo sabotaggio e il suo tentativo di rendersi eterno opponendosi al cambiamento, perché l’anima – l’infinito che hai dentro – ha il suo progetto e vuole portarlo a termine.

L’anima si fa carne, discende nella prigione materiale così da forgiare il suo fine e, quando giunge il tempo, si libera della forma. Una forza diventa efficace se viene vincolata a un perno, allo stesso modo ci sono prigioni che servono a far maturare ciò che diversamente sarebbe rimasto inespresso. L’anima lo sa, per questo si vincola nello spazio-tempo dell’impermanenza, ma solo per il periodo necessario a compiere la sua missione.

Qualcuno attraversa questo mondo per un breve periodo, qualcun altro resta più a lungo, ma tutti, prima o poi, devono aprire la porta della gabbia materiale e fare il salto verso ciò che è al di là. Non ha senso attaccarsi a ciò che è caduco e limitato, ma, proprio perché niente è eterno, bisogna onorare il più possibile l’esistenza, rendendo ogni giorno degno di essere vissuto.

Camilla


Dal mio libro AAA cercasi guru disperatamente (Anima Edizioni).

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