Cominciamo oggi a occuparci di uno strumento fondamentale e importantissimo: la meditazione.
Tratterò l'argomento in più occasioni, essendo vastissimo... ma metto subito in chiaro che non è possibile praticare la meditazione senza la guida di un valido istruttore che conosca i nostri meccanismi interiori. Tuttavia nel frattempo ci si può avvicinare all'idea, e l'intento di questi scritti è quello di facilitarvi l'approccio all'argomento, o anche solo di stimolare un dibattito in merito.
In base ai numerosi testi che si trovano in circolazione, si può essere indotti a credere (così come credevo io stessa in passato) che meditare equivalga a fare il "vuoto mentale": a far cadere cioè ogni tipo di pensiero. Qui tuttavia c'è il rischio di farsi male, perché con tutte le forme energetiche che ci attraversano quotidianamente, non mi pare proprio il caso di "assentarsi" e venir meno in coscienza, perché tali energie avrebbero più facoltà di influenzarci e penetrare la materia dei nostri corpi.
L'atteggiamento di ricettività e accoglienza, certamente auspicabile, è cosa ben diversa dal rendersi passivi. L'uso della mente deve essere appropriato e questo non è possibile se si crea il "vuoto mentale"; anche se la nostra mente si comporta come una scimmia impazzita, quella di abolirla non è la soluzione più costruttiva. Occorre sviluppare invece la corretta facoltà di essere presenti e mantenere l'attenzione.
Una persona presente è in grado di governare i propri moti mentali, il suo allineamento interno è massimo e allo stesso tempo è in grado di rimanere distaccata, cioè imperturbata. Avrà così uno stato di vigile attenzione e ricettività, dove l'azione (fisica, emotiva o mentale che sia) è governata dalla coscienza, e non da gesti automatici e condizionati.
Quindi, per favore, non fate e non cercate di fare il "vuoto mentale", che di matti e di zombie in giro per il mondo ce ne sono già tanti.
Siate invece vigili, attenti, lucidi.
Se intanto volete esplorare la vostra capacità di essere presenti e avvicinarvi a una tecnica di introduzione alla meditazione, potete fare così: scegliete un posto tranquillo, sedetevi a schiena eretta ma con il corpo abbastanza rilassato, chiudete gli occhi. Portate l'attenzione sul respiro, al centro del petto, e restate quindi concentrati: ascoltatelo, osservatelo con la vostra coscienza, mettetelo al centro del vostro focus interiore. Se a un certo punto subentrano altri pensieri, appena ne siete consapevoli riportate nuovamente e dolcemente l'attenzione sul respiro, che lascerete morbido e naturale. Dedicate qualche minuto a questa pratica.
Potreste accorgervi che vi viene in mente di tutto, dalla lista della spesa al progetto da finire per il lavoro, dalla scadenza da pagare alla predica che vi ha fatto un amico... oppure che vi assentate e svolazzate in qualche stato indefinito della mente... Ecco quindi che occorre disciplinare la propria capacità di concentrazione e presenza. È in questa presenza concentrata che i "pensieri scimmieschi" vengono meno, creando dunque quel vuoto che non è sinonimo di passività o assenza, ma paradossalmente di estrema presenza che, avendo riempito tutto lo spazio della nostra mente, non lascia entrare nient'altro). Senza di questa, non c'è meditazione.
Cito subito gli unici libri che mi sento di consigliare in tutta coscienza: gli Yogasutra di Patanjali e Lettere sulla meditazione occulta di Alice Bailey
Tratterò l'argomento in più occasioni, essendo vastissimo... ma metto subito in chiaro che non è possibile praticare la meditazione senza la guida di un valido istruttore che conosca i nostri meccanismi interiori. Tuttavia nel frattempo ci si può avvicinare all'idea, e l'intento di questi scritti è quello di facilitarvi l'approccio all'argomento, o anche solo di stimolare un dibattito in merito.
In base ai numerosi testi che si trovano in circolazione, si può essere indotti a credere (così come credevo io stessa in passato) che meditare equivalga a fare il "vuoto mentale": a far cadere cioè ogni tipo di pensiero. Qui tuttavia c'è il rischio di farsi male, perché con tutte le forme energetiche che ci attraversano quotidianamente, non mi pare proprio il caso di "assentarsi" e venir meno in coscienza, perché tali energie avrebbero più facoltà di influenzarci e penetrare la materia dei nostri corpi.
L'atteggiamento di ricettività e accoglienza, certamente auspicabile, è cosa ben diversa dal rendersi passivi. L'uso della mente deve essere appropriato e questo non è possibile se si crea il "vuoto mentale"; anche se la nostra mente si comporta come una scimmia impazzita, quella di abolirla non è la soluzione più costruttiva. Occorre sviluppare invece la corretta facoltà di essere presenti e mantenere l'attenzione.
Una persona presente è in grado di governare i propri moti mentali, il suo allineamento interno è massimo e allo stesso tempo è in grado di rimanere distaccata, cioè imperturbata. Avrà così uno stato di vigile attenzione e ricettività, dove l'azione (fisica, emotiva o mentale che sia) è governata dalla coscienza, e non da gesti automatici e condizionati.
Quindi, per favore, non fate e non cercate di fare il "vuoto mentale", che di matti e di zombie in giro per il mondo ce ne sono già tanti.
Siate invece vigili, attenti, lucidi.
Se intanto volete esplorare la vostra capacità di essere presenti e avvicinarvi a una tecnica di introduzione alla meditazione, potete fare così: scegliete un posto tranquillo, sedetevi a schiena eretta ma con il corpo abbastanza rilassato, chiudete gli occhi. Portate l'attenzione sul respiro, al centro del petto, e restate quindi concentrati: ascoltatelo, osservatelo con la vostra coscienza, mettetelo al centro del vostro focus interiore. Se a un certo punto subentrano altri pensieri, appena ne siete consapevoli riportate nuovamente e dolcemente l'attenzione sul respiro, che lascerete morbido e naturale. Dedicate qualche minuto a questa pratica.
Potreste accorgervi che vi viene in mente di tutto, dalla lista della spesa al progetto da finire per il lavoro, dalla scadenza da pagare alla predica che vi ha fatto un amico... oppure che vi assentate e svolazzate in qualche stato indefinito della mente... Ecco quindi che occorre disciplinare la propria capacità di concentrazione e presenza. È in questa presenza concentrata che i "pensieri scimmieschi" vengono meno, creando dunque quel vuoto che non è sinonimo di passività o assenza, ma paradossalmente di estrema presenza che, avendo riempito tutto lo spazio della nostra mente, non lascia entrare nient'altro). Senza di questa, non c'è meditazione.
Cito subito gli unici libri che mi sento di consigliare in tutta coscienza: gli Yogasutra di Patanjali e Lettere sulla meditazione occulta di Alice Bailey
Commenti
buon viaggio
Una domanda... proprio sicuro di aver "compreso" cosa io intendessi con questo post?
Namaste!
Vuoto mentale è pura percezione e non "essere zombie". In occidente in fatti si crede questo, il taoismo al contrario si fonda sul "vuoto". Cito una storiella Zen: "una volta un erudito andò da un maestro Zen per fargli delle domande sullo Zen. Quando il maestro Zen parlò, l'erudito lo interruppe più volte con i suoi commenti. Alla fine il maestro Zen smise di parlare e cominciò a servire il tè all'uomo dotto. Continuò però a versarlo nella tazza e il tè trabboccò. "BASTA COSì! NON CI STà ALTRO Tè NELLA TAZZA!" interruppe l'erudito. Lo so rispose il maestro Zen. Se prima no svuoti la tua tazza come puoi assaporare la mia tazza di tè?"
Vi è piaciuta? Tanti la conosceranno.
Di solito il mio maestro la terminava dicendo :"In effetti l'utilità di una tazza di tè sta proprio nel fatto che è vuota"
salute a tutti. Andrea