Per un lungo periodo durato diversi mesi non ho scritto su questo blog. Certo, ho avuto prima un trasloco di casa, poi uno dell'ufficio, e poi una estate faticosa. Ma le ragioni sono state altre. Mi sono fermata perché sono entrata in crisi nei confronti della scrittura.
Sono sempre stata dotata a livello artistico, almeno un po', in più campi, ma non mi sono mai veramente impegnata in nessuno di loro. Da una parte per la mia mancanza di disciplina, dall'altra per una serie di ostacoli che evidentemente dovevano far parte del mio cammino.
Oltre che per la scrittura, sono portata principalmente per le arti visive. Sono in grado di disegnare qualunque cosa, dai fumetti ai ritratti. Quando ero bambina, scarabocchiavo su qualunque superficie mi capitasse sotto mano e con qualunque mezzo. Le figure a cui davo vita mi proiettavano in un mondo che mi teneva al sicuro, anche e soprattutto quando tutto intorno a me crollava. Tuttavia, alla fine, mi sono lasciata convincere dalle persone a me vicino che quella era un'attività da "perditempo", e che io di talento non ne avevo.
Negli ultimi anni questa mia dote trascurata ha cominciato sempre di più a disturbarmi, nel senso che ogni volta che volevo studiare, lavorare o scrivere qualcosa, mi assaliva improvvisa la voglia di disegnare, interrompendo la mia concentrazione.
Un giorno, infine, io e il mio talento del disegno abbiamo avuto un confronto diretto.
Lui: "Perché dedichi il tuo tempo libero allo scrivere e metti da parte proprio me?"
Io: "Perché devo fare una scelta, non posso fare tutto!"
Lui: "Non è vero, ti sei lasciata convincere a rinunciare a me!"
Io: "Quello è stato tanti anni fa, ora sono io a scegliere...".
Lui: "Allora scegli me!"
Io: "Ma con te ho perso dimestichezza, con le parole invece ho un rapporto che perdura da anni".
Lui: "Con me tu sei nata, non hai dovuto apprendermi! Con me tu sei autentica! Con le parole sei stata costretta a costruire un percorso che non c'era. Non hai neanche parlato prima dei tre anni. Non sei riuscita a raccogliere le idee, ad avere un pensiero lucido, a scrivere senza perderti per moltissimo tempo. Sei stata costretta a occuparti delle parole per necessità, ma il tuo cuore è sempre stato con me".
So quanto sia importante compiere una scelta, lasciar andare qualcosa per portare avanti qualcos'altro, ma cosa accade a quello a cui rinunci? Ti lascia davvero in pace il fatto di averlo abbandonato?
A questo punto ho sentito la necessità di dare attenzione al mio talento dimenticato, di chiarirmi con lui, o credo che avrebbe continuato a boicottarmi all'infinito. Non volevo più trattenere dentro di me la sensazione o il dubbio di aver rinunciato a lui per paura, per debolezza, o peggio perché avevo accettato il ruolo di vittima delle circostanze.
Ho dunque messo da parte la scrittura e mi sono dedicata per un po' alle arti visive, esplorando anche il digitale. Finché ho capito. Finalmente abbiamo capito, io e il mio talento dimenticato. Abbiamo capito che il senso delle cose può cambiare e che, anche quando si rinuncia a un percorso, si cresce comunque su un altro.
Nel tornare a disegnare mi sono sentita all'inizio in difficoltà, poi libera, poi in pace. In pace con le mani macchiate di colore, con i fogli sparsi per terra, con la parte di me che sognava di restare in silenzio e comunicare con il mondo solo attraverso i chiaroscuri della ricerca della felicità, lontano dal fraintendimento delle parole.
Disegnare, per me, è soprattutto un atto egoistico, di puro piacere. Quando disegno io non dono nulla, ma prendo e voglio prendere. Quando scrivo, invece, sento che riesco a donare una parte di me, che in qualche modo costruisco ponti con chi mi legge. Se non fossi tornata a disegnare, non l'avrei capito.
Oggi sono pronta a scegliere la scrittura perché è il percorso sul quale più di ogni altro riesco a donarmi e paradossalmente a ricevere senza prendere. Il disegno, ma anche la musica e altri talenti minori, rimangono comunque parte della mia vita e nel possibile mi farò sempre ispirare da loro per abbellire ogni passo, però accadrà in pace, senza conflitto, senza competizione o pretesa di perfezione, per come sarà possibile. Questo volta non rinuncio, ma scelgo.
La morale di tutta questa storia è semplice: i dubbi non vanno tenuti nella mente, i ragionamenti non vanno pensati a oltranza, le carenze e le paure non vanno alimentate con l'immobilità. Bisogna passare invece ai fatti. La risposta è nel mettersi alla prova, è nel dare una forma materiale alle proprie sfide e ai propri desideri, perché è l'unico modo per conoscerli veramente. Allora la scelta più opportuna – più opportuna per l'anima – semplicemente diverrà chiara.
Il rischio, sennò, è che i desideri inappagati sembrino più grandi di quello che in realtà sarebbero stati se vissuti concretamente; che ciò che hai lasciato nel passato sembri più importante di quello che ti aspetta nel presente; e che una scelta perda di efficacia solo perché la osservi con gli occhi della rinuncia invece che attraverso la consapevolezza che possiedi nell'oggi.
Camilla
Sono sempre stata dotata a livello artistico, almeno un po', in più campi, ma non mi sono mai veramente impegnata in nessuno di loro. Da una parte per la mia mancanza di disciplina, dall'altra per una serie di ostacoli che evidentemente dovevano far parte del mio cammino.
Oltre che per la scrittura, sono portata principalmente per le arti visive. Sono in grado di disegnare qualunque cosa, dai fumetti ai ritratti. Quando ero bambina, scarabocchiavo su qualunque superficie mi capitasse sotto mano e con qualunque mezzo. Le figure a cui davo vita mi proiettavano in un mondo che mi teneva al sicuro, anche e soprattutto quando tutto intorno a me crollava. Tuttavia, alla fine, mi sono lasciata convincere dalle persone a me vicino che quella era un'attività da "perditempo", e che io di talento non ne avevo.
Negli ultimi anni questa mia dote trascurata ha cominciato sempre di più a disturbarmi, nel senso che ogni volta che volevo studiare, lavorare o scrivere qualcosa, mi assaliva improvvisa la voglia di disegnare, interrompendo la mia concentrazione.
Un giorno, infine, io e il mio talento del disegno abbiamo avuto un confronto diretto.
Lui: "Perché dedichi il tuo tempo libero allo scrivere e metti da parte proprio me?"
Io: "Perché devo fare una scelta, non posso fare tutto!"
Lui: "Non è vero, ti sei lasciata convincere a rinunciare a me!"
Io: "Quello è stato tanti anni fa, ora sono io a scegliere...".
Lui: "Allora scegli me!"
Io: "Ma con te ho perso dimestichezza, con le parole invece ho un rapporto che perdura da anni".
Lui: "Con me tu sei nata, non hai dovuto apprendermi! Con me tu sei autentica! Con le parole sei stata costretta a costruire un percorso che non c'era. Non hai neanche parlato prima dei tre anni. Non sei riuscita a raccogliere le idee, ad avere un pensiero lucido, a scrivere senza perderti per moltissimo tempo. Sei stata costretta a occuparti delle parole per necessità, ma il tuo cuore è sempre stato con me".
So quanto sia importante compiere una scelta, lasciar andare qualcosa per portare avanti qualcos'altro, ma cosa accade a quello a cui rinunci? Ti lascia davvero in pace il fatto di averlo abbandonato?
A questo punto ho sentito la necessità di dare attenzione al mio talento dimenticato, di chiarirmi con lui, o credo che avrebbe continuato a boicottarmi all'infinito. Non volevo più trattenere dentro di me la sensazione o il dubbio di aver rinunciato a lui per paura, per debolezza, o peggio perché avevo accettato il ruolo di vittima delle circostanze.
Ho dunque messo da parte la scrittura e mi sono dedicata per un po' alle arti visive, esplorando anche il digitale. Finché ho capito. Finalmente abbiamo capito, io e il mio talento dimenticato. Abbiamo capito che il senso delle cose può cambiare e che, anche quando si rinuncia a un percorso, si cresce comunque su un altro.
Nel tornare a disegnare mi sono sentita all'inizio in difficoltà, poi libera, poi in pace. In pace con le mani macchiate di colore, con i fogli sparsi per terra, con la parte di me che sognava di restare in silenzio e comunicare con il mondo solo attraverso i chiaroscuri della ricerca della felicità, lontano dal fraintendimento delle parole.
Disegnare, per me, è soprattutto un atto egoistico, di puro piacere. Quando disegno io non dono nulla, ma prendo e voglio prendere. Quando scrivo, invece, sento che riesco a donare una parte di me, che in qualche modo costruisco ponti con chi mi legge. Se non fossi tornata a disegnare, non l'avrei capito.
Oggi sono pronta a scegliere la scrittura perché è il percorso sul quale più di ogni altro riesco a donarmi e paradossalmente a ricevere senza prendere. Il disegno, ma anche la musica e altri talenti minori, rimangono comunque parte della mia vita e nel possibile mi farò sempre ispirare da loro per abbellire ogni passo, però accadrà in pace, senza conflitto, senza competizione o pretesa di perfezione, per come sarà possibile. Questo volta non rinuncio, ma scelgo.
La morale di tutta questa storia è semplice: i dubbi non vanno tenuti nella mente, i ragionamenti non vanno pensati a oltranza, le carenze e le paure non vanno alimentate con l'immobilità. Bisogna passare invece ai fatti. La risposta è nel mettersi alla prova, è nel dare una forma materiale alle proprie sfide e ai propri desideri, perché è l'unico modo per conoscerli veramente. Allora la scelta più opportuna – più opportuna per l'anima – semplicemente diverrà chiara.
Il rischio, sennò, è che i desideri inappagati sembrino più grandi di quello che in realtà sarebbero stati se vissuti concretamente; che ciò che hai lasciato nel passato sembri più importante di quello che ti aspetta nel presente; e che una scelta perda di efficacia solo perché la osservi con gli occhi della rinuncia invece che attraverso la consapevolezza che possiedi nell'oggi.
Camilla
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