La prima è che non ero cosciente di questa speranza. Sapevo "a parole" che solo noi possiamo salvare noi stessi, ma di fatto, nel profondo, avevo l'aspettativa e il desiderio che un maestro, un guaritore, un salvatore, un mentore, potesse spiegarmi quello che accadeva nella mia vita e mostrarmi i passi giusti da fare per risolvere tutti i nodi.
Cercavo un salvatore da adorare e amare perché così avrei potuto dimenticare il vero problema: il fatto che io non amavo me stessa, cioè non mi lasciavo libera di essere, non confidavo in quello che sono, nel mio percorso e nella mia capacità di creare le condizioni della mia stessa crescita. Quando ami qualcuno, confidi in lui, ti fidi di quello che è, rispetti la sua totalità. Quando ami te stesso confidi nella vita che scorre dentro di te, ti fidi del tuo percorso, rispetti la tua unicità, allora non puoi innamorarti di nessun salvatore perché senti che sei già salvo per il solo fatto di vivere, senti di essere già parte dell'amore e di una delle sue infinite manifestazioni.
Io, però, non mi amavo e quindi cercavo la parte che mi completasse perché mi sentivo incompleta, cercavo il salvatore perché mi sentivo persa, cercavo il guaritore perché mi sentivo imperfetta, non meritevole di amore. Sentivo, cioè, che il vero problema ero io, che qualcosa in me andava aggiustato, e il guru che cercavo sarebbe stato qualcuno o qualcosa che in qualche modo mi avrebbe mostrato come smettere di essere ciò che ero. E questo, ovviamente, non sarebbe mai stato possibile, perché tutto quello di cui abbiamo bisogno per fare i nostri passi risiede dentro di noi. E per fortuna, a un certo punto, l'ho capito. L'ho capito perché il mio cuore si è frantumato in maniera irrimediabile e l'unico modo per tornare a vivere poteva essere solo attraverso la verità. E la verità era che a spezzarsi erano state le mie illusioni e le mie paure, ma non la mia essenza.
La seconda ragione per cui ho impiegato molto tempo ad abbandonare la speranza di un salvatore che mi sollevasse dalle mie ombre, è che non sapevo che il guru che cercavo si nascondeva sotto diverse spoglie. Non sapevo ancora che il guru non era solo un maestro, un filosofo, un guaritore, un medico, una mentore; era in realtà qualcosa di più, era qualunque cosa a cui la mia fragile psicologia potesse aggrapparsi.
Mi spiego meglio. Molti fra noi cercano guru che in realtà non hanno l'aspetto di un qualche maestro o di una certa filosofia, ma non per questo sono liberi dalla seduzione del salvatore. Il guru che cercano è il biglietto della lotteria che sognano di vincere, così da scappare via dalla vita quotidiana. Il guru che cercano è un partner che sperano li renda felici, così da non dover affrontare l'oblio che si portano dentro. Il guru che cercano è un medico a cui delegare tutte le scelte della propria salute, così da voltare le spalle all'idea terribile e destabilizzante che forse una malattia non viene a trovarti per caso, ma ha una storia da raccontare e che non vuoi sentire.
Il guru che cercano è il guadagno facile o il potere che inseguono a oltranza per dimostrare a se stessi e al mondo che sono persone di valore, nascondendo il loro vero bisogno che è quello di essere accettati e amati. Allora accumulano più che possono a scapito dei rapporti umani e della loro verità, dimenticando che anche loro avevano una verità che desiderava esprimersi attraverso un talento da donare al mondo per renderlo un posto più bello.
Il guru che si cerca – il salvatore di turno – come vedi può avere tante forme e non sempre sono facilmente riconoscibili. E quando finalmente capisci che nessun salvatore ti può salvare da quello che sei, e che quello che sei va semplicemente amato, smetti di cercare fuori di te. Non sto dicendo che altre persone o circostante non possano aiutarti, ma che la chiave di ogni trasformazione risiede in te (e nella tua anima). Quando attivi questa chiave allora usi (e attiri) al meglio anche gli aiuti esterni. Diversamente, niente e nessuno, là fuori, può donarti quella guarigione, quell'appagamento, quell'abbondanza che tanto brami.
Torniamo a noi. Dicevo che ci ho messo un po' ad abbandonare la speranza di incontrare un guru o un salvatore che mi salvasse dai miei problemi... e pensavo che, una volta chiarita questa storia con me stessa, avrei potuto voltare pagina con tutte queste dinamiche. Ecco, mi illudevo. Ogni giorno, infatti, come fossero funghi spuntano santoni da ogni dove, anche se fai ben intendere che non ti interessa avere a che fare con loro. Insistono nel darti consigli, nello spiegarti dove stai sbagliando, nel farti la morale spirituale sui tuoi comportamenti (cos'è, una moda?).
Molti di questi santoni, in particolare quelli dediti alla "guarigione spirituale", si dichiarano spinti da un appassionato e compassionevole "desiderio di guarire" coloro che soffrono, per cui riescono a fare presa sulle persone più confuse e bisognose, le quali non si accorgono come un guaritore autentico si tenga ben lontano dal desiderio di guarire gli altri dai loro malanni.
Dov'è il problema con il desiderio di "voler guarire" gli altri? Non è una bella cosa?
Il problema è nel fatto che la prima attitudine di un guaritore spirituale è mettere da parte il proprio desiderio di ottenere dei "risultati". Il motivo è semplice: un guaritore sa che ogni effetto è collegato a una causa; sa che dunque è inutile (se non addirittura dannoso) cercare di rimuovere gli effetti quando prima non si siano sciolte le cause stesse; e soprattutto sa che la sua visione della situazione non sarà mai completa come quella che possiede l'anima di colui che vorrebbe "curare".
Da qui ne consegue l'unica possibile azione che un guaritore spirituale può fare: mettere da parte qualunque volontà di rimuovere sintomi e disagi, rimettersi alla guida della propria anima e, tramite essa, cercare di facilitare il rapporto tra il malato e la sua anima. Lascerà a questo rapporto il compito di generare l'eventuale guarigione (o non guarigione) dell'individuo, nel rispetto delle sue possibilità evolutive. Il guaritore spirituale non guarisce niente e nessuno, ma aiuta a creare le condizioni affinché venga favorito il contatto con l'anima alla quale lascia completamente le redini della situazione... perché è sempre e solo l'anima a guarire, secondo tempi, modi e ragioni a lei proprie.
Attenzione: se siete malati, non significa che non dovete prendervi l'antidolorifico di turno. Lo specifico, prima che qualcuno pensi che io abbia affermato che non è evolutivo farsi aiutare sul piano sintomatico o dell'intervento fisico. Ci sono in realtà diversi livelli con cui affrontare una malattia: c'è il livello spirituale come quello medico, e vanno considerati entrambi (teniamo i piedi per terra, eh!), ma noi qui stiamo parlando del livello spirituale quindi, per favore, teniamo conto del contesto.
A questo punto, ci siamo capiti: un guaritore spirituale non ha il "desiderio" di guarire i suoi pazienti, nel senso che il suo obiettivo non è la sparizione dei sintomi (fisici o psichici che siano), ma è operare (nel senso di facilitare, anche in modo invisibile e senza alcun riconoscimento) affinché la persona ammalata si rapporti sempre di più con la propria anima e con il compito che l'anima stessa probabilmente le sta richiedendo.
Il guaritore è l'anima, e la guarigione è permettere alle energie dell'anima di fluire liberamente attraverso di sé, qualunque cosa ciò comporti. E il guaritore spirituale, quello vero, lo sa.
Camilla
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