Ho notato che in rete si accendono pesanti dibattiti per quello che riguarda l'alimentazione. Oggi mi sento coraggiosa e voglio dunque parlarvi di dieta, di cibo, di scelte. Il punto di vista presentato è ovviamente personale.
Per quanto mi riguarda, sono stata vegetariana e poi vegan per un arco di circa quindici anni. Prima che una scelta etica, fu una scelta del cuore, nel senso che ogni cellula del mio essere non mi lasciò alternativa. All'inizio non sapevo neanche che esistessero persone "vegetariane", credevo semmai che si trattasse di qualche religioso o santone perlopiù dell'India, e quando mi trovai a provare una forte, fortissima repulsione per i cibi di origine animale, pensai di avere qualcosa che non andasse in me e che prima o poi ne sarei morta.
Col tempo, e poi con l'arrivo di internet, scoprii che non ero l'unica, che molte persone avevano lasciato l'alimentazione carnea. Appresi quindi le motivazioni etiche ed ecologiche (si inquina anche di meno) e di salute (molti guarivano da varie malattie) che spesso accompagnano la scelta vegetariana e vegana. Poi, entrando nel mondo dello yoga e delle scienze spirituali, ho constatato come molti maestri e saggi consigliassero vivamente un'alimentazione priva di carne perché sembrava anche ridurre il peso del "karma". Diverse tradizioni esoteriche, infatti, dichiarano esplicitamente che il regno animale ha bisogno della guida e dell'amore degli esseri umani per "evolvere", ma, se gli animali ricevono maltrattamenti e provano terrore verso gli uomini, ecco che la loro evoluzione sul piano spirituale viene bloccata, con pesanti conseguenze karmiche per tutti noi.
Insomma, quelli finora elencati mi sembrano e sembravano ottimi motivi per stare dalla parte di una dieta veg... Poi è successo che questi "ottimi motivi" non sono più bastati.
È successo cioè che, dopo un periodo iniziale anzi di molti anni in cui la salute migliorò effettivamente, il mio corpo cominciò in qualche modo a cambiare rotta. Col senno di poi posso dire che pian piano smisi di essere disgustata dagli "odori" dei "cibi animali", ma io oramai ero diventata vegan anche per scelta etica, quindi ignorai questi primi segnali (che mi chiedevano di riavvicinarmi a quella alimentazione). In un crescendo graduale ma inesorabilmente sempre più intenso, continuai a sviluppare tutta una serie di sintomi che associai erroneamente a processi di depurazione o a stati psicosomatici. Invece erano connessi a un'alimentazione troppo ricca di cereali e povera di proteine e grassi. In poche parole, ero così concentrata sul non provocare violenza agli animali, e credente fin nel midollo che la dieta vegan (alternando momenti più o meno intensi di crudismo) fosse la più salutare in assoluto, che non mi ero accorta di quanto stessi violentando il mio corpo, ignorando il suo stesso richiamo di aiuto.
La fine di questa storia è che, raggiunto l'apice con neuropatie, infiammazioni varie e fibromialgia, cominciai due o tre anni fa a reintrodurre delle uova, poi del pesce, e di recente della carne. Lo feci in seguito al suggerimento di un terapeuta che, se pur vegano, ebbe ottimi argomenti per convincermi (diciamo che riuscì a spaventarmi...). In breve, con la reintroduzione delle proteine animali, ho sentito rapidamente tornare le forze e la qualità del sonno è migliorata. Negli ultimi tre mesi, inoltre, ho abbandonato completamente ogni tipo di cereale, entrando in pratica in una dieta cosiddetta Paleo e a carboidrati contenuti. Mi sento bene, forte e lucida.
Tutto merito della dieta? Certamente no. Ho fatto anche il mio "percorso" interiore, e non voglio certo sminuirlo dando tutti i meriti a quello che metto nel "piatto". Ma la dieta, devo dirlo, ha fatto e sta facendo la sua parte da leone.
Non vi dico, comunque, in quale conflitto fossi entrata... Eh sì, perché nel mio cuore la possibilità di un mondo privo di violenza passava proprio attraverso lo stile di vita vegan, quello che il mio corpo insomma non sosteneva più! Per non parlare del fatto che le sensazioni che mi avevano indotto a non mangiare più animali erano state davvero originate dal mio "centro", e io mi fidavo profondamente di quella scelta interiore.
Allora cosa stava succedendo? Ero tornata "indietro"? O ero andata "avanti" in un'altra linea di vita dove quello che avevo sentivo essere "giusto" non lo era più?
Ebbene... oggi sono grata a questo "conflitto" che si è creato.
Grata, perché ho capito che, da persona vegan, credevo di avere la verità in tasca, mentre la "verità" ha sempre molte facce, e ciascuna ha il suo senso. Un senso che dovevo umilmente tornare ad accogliere.
Grata, perché ho compreso che non ci possiamo fossilizzare su nessuna scelta, che sia una dieta o una credenza di pensiero, perché la vita è dinamica e tutto davvero può mutare. Quello che conta è scegliere il meglio con ciò di cui si dispone nell'adesso, e mantenere lo sguardo aperto verso gli altri orizzonti, perché non sappiamo mai cosa troveremo al di là quando ci arriveremo.
Sono grata, anche, perché per ascoltare il mio corpo, sto praticamente andando "contro" camionate di letteratura esoterica (ma anche medica, visto i sempre più numerosi articoli che abbondano nel web a favore dello stile alimentare vegan). Eh, sì, perché imparare ad ascoltare la mia "unica" verità, indipendentemente che ne esista un'altra con milioni di seguaci, è la lezione più difficile, ma anche la più bella.
Inevitabili sono le seguenti domande...
E se non esistesse una dieta giusta in assoluto, ma una dieta per ciascuno di noi, dato che siamo diversi gli uni dagli altri, e diversi sono inoltre anche i nostri momenti di vita (e quindi le esigenze di ogni periodo)?
E se la "dieta spirituale" fosse quella che fa sentire bene il corpo e quindi, di conseguenza, lo spirito cui è connesso?
E se ci fossero "vie" che non possiamo comprendere con la mente, ma che il corpo, con la sua connessione diretta al mondo del non-detto, ben conosce?
La mia posizione con il cibo oggi è: "decide il corpo!" Ed è la posizione più spirituale che abbia mai preso... perché quando mi curo del mio tempio, anche lo spirito che vi dimora ne guadagna in forza e presenza.
Da quando mangio nuovamente pesce e carne le mie emozioni sono più dense, la mia salute più radicata, e io mi sento davvero più in grado di scendere nella materia... Vi prego di non usare questa mia testimonianza per dar contro al vegetarianesimo o mettermi in bocca il concetto che io non lo approvi. Perché allora avrete mancato il senso di questo post, che vuole testimoniare come sia dannoso smettere di ascoltare se stessi - la propria unicità - e giudicare tutte quelle strade che appaiono diverse dalla propria. Ognuno ha il suo percorso, ogni verità ha il suo senso, il suo tempo.
Concludo questo post con una riflessione che ho scritto in un dibattito su Facebook e che tengo a riportare perché riassume il mio sentire:
[...] avevo smesso di mangiare animali non per scelta etica, ma perché le mie "vibrazioni" me lo impedivano. Però poi ci sono dei però... Ci sono altre evoluzioni, qui nella materia, che a volte richiedono di nutrirsi attraverso ciò che è stato vivo, ossia non si può evitare di nutrirsi di dolore e di lotta. Questa è la mia strada, non quella di tutti. Infatti io (e parlo di me, non di tutti!) ho potuto recuperare la salute solo reintroducendo grassi e proteine animali, così come reintroducendo nella mia psiche la possibilità di usare (in modo costruttivo) energie negative come la rabbia e la violenza [...]. È difficile da spiegare ma quello che voglio dire è che mi sono dovuta arrendere a certe leggi della vita, "notte e giorno" insieme, tutto il pacchetto: gioia e dolore, etere e carne.
Quello che "posso" fare è procurare il meno dolore possibile, non sacrificare ciò che non è necessario... quindi no animali da allevamenti intensivi e cose del genere. Mi danno dell'incoerente, mi dicono "o zero animali o sei un'assassina". Ma io non mi sono mai sentita così coerente e così alleata della vita come adesso che mi sono arresa al corpo e a ciò che vuole. Ripeto, è la mia storia, e come sempre è la storia di questo momento.
Per quanto mi riguarda, sono stata vegetariana e poi vegan per un arco di circa quindici anni. Prima che una scelta etica, fu una scelta del cuore, nel senso che ogni cellula del mio essere non mi lasciò alternativa. All'inizio non sapevo neanche che esistessero persone "vegetariane", credevo semmai che si trattasse di qualche religioso o santone perlopiù dell'India, e quando mi trovai a provare una forte, fortissima repulsione per i cibi di origine animale, pensai di avere qualcosa che non andasse in me e che prima o poi ne sarei morta.
Col tempo, e poi con l'arrivo di internet, scoprii che non ero l'unica, che molte persone avevano lasciato l'alimentazione carnea. Appresi quindi le motivazioni etiche ed ecologiche (si inquina anche di meno) e di salute (molti guarivano da varie malattie) che spesso accompagnano la scelta vegetariana e vegana. Poi, entrando nel mondo dello yoga e delle scienze spirituali, ho constatato come molti maestri e saggi consigliassero vivamente un'alimentazione priva di carne perché sembrava anche ridurre il peso del "karma". Diverse tradizioni esoteriche, infatti, dichiarano esplicitamente che il regno animale ha bisogno della guida e dell'amore degli esseri umani per "evolvere", ma, se gli animali ricevono maltrattamenti e provano terrore verso gli uomini, ecco che la loro evoluzione sul piano spirituale viene bloccata, con pesanti conseguenze karmiche per tutti noi.
Insomma, quelli finora elencati mi sembrano e sembravano ottimi motivi per stare dalla parte di una dieta veg... Poi è successo che questi "ottimi motivi" non sono più bastati.
È successo cioè che, dopo un periodo iniziale anzi di molti anni in cui la salute migliorò effettivamente, il mio corpo cominciò in qualche modo a cambiare rotta. Col senno di poi posso dire che pian piano smisi di essere disgustata dagli "odori" dei "cibi animali", ma io oramai ero diventata vegan anche per scelta etica, quindi ignorai questi primi segnali (che mi chiedevano di riavvicinarmi a quella alimentazione). In un crescendo graduale ma inesorabilmente sempre più intenso, continuai a sviluppare tutta una serie di sintomi che associai erroneamente a processi di depurazione o a stati psicosomatici. Invece erano connessi a un'alimentazione troppo ricca di cereali e povera di proteine e grassi. In poche parole, ero così concentrata sul non provocare violenza agli animali, e credente fin nel midollo che la dieta vegan (alternando momenti più o meno intensi di crudismo) fosse la più salutare in assoluto, che non mi ero accorta di quanto stessi violentando il mio corpo, ignorando il suo stesso richiamo di aiuto.
La fine di questa storia è che, raggiunto l'apice con neuropatie, infiammazioni varie e fibromialgia, cominciai due o tre anni fa a reintrodurre delle uova, poi del pesce, e di recente della carne. Lo feci in seguito al suggerimento di un terapeuta che, se pur vegano, ebbe ottimi argomenti per convincermi (diciamo che riuscì a spaventarmi...). In breve, con la reintroduzione delle proteine animali, ho sentito rapidamente tornare le forze e la qualità del sonno è migliorata. Negli ultimi tre mesi, inoltre, ho abbandonato completamente ogni tipo di cereale, entrando in pratica in una dieta cosiddetta Paleo e a carboidrati contenuti. Mi sento bene, forte e lucida.
Tutto merito della dieta? Certamente no. Ho fatto anche il mio "percorso" interiore, e non voglio certo sminuirlo dando tutti i meriti a quello che metto nel "piatto". Ma la dieta, devo dirlo, ha fatto e sta facendo la sua parte da leone.
Non vi dico, comunque, in quale conflitto fossi entrata... Eh sì, perché nel mio cuore la possibilità di un mondo privo di violenza passava proprio attraverso lo stile di vita vegan, quello che il mio corpo insomma non sosteneva più! Per non parlare del fatto che le sensazioni che mi avevano indotto a non mangiare più animali erano state davvero originate dal mio "centro", e io mi fidavo profondamente di quella scelta interiore.
Allora cosa stava succedendo? Ero tornata "indietro"? O ero andata "avanti" in un'altra linea di vita dove quello che avevo sentivo essere "giusto" non lo era più?
Ebbene... oggi sono grata a questo "conflitto" che si è creato.
Grata, perché ho capito che, da persona vegan, credevo di avere la verità in tasca, mentre la "verità" ha sempre molte facce, e ciascuna ha il suo senso. Un senso che dovevo umilmente tornare ad accogliere.
Grata, perché ho compreso che non ci possiamo fossilizzare su nessuna scelta, che sia una dieta o una credenza di pensiero, perché la vita è dinamica e tutto davvero può mutare. Quello che conta è scegliere il meglio con ciò di cui si dispone nell'adesso, e mantenere lo sguardo aperto verso gli altri orizzonti, perché non sappiamo mai cosa troveremo al di là quando ci arriveremo.
Sono grata, anche, perché per ascoltare il mio corpo, sto praticamente andando "contro" camionate di letteratura esoterica (ma anche medica, visto i sempre più numerosi articoli che abbondano nel web a favore dello stile alimentare vegan). Eh, sì, perché imparare ad ascoltare la mia "unica" verità, indipendentemente che ne esista un'altra con milioni di seguaci, è la lezione più difficile, ma anche la più bella.
Inevitabili sono le seguenti domande...
E se non esistesse una dieta giusta in assoluto, ma una dieta per ciascuno di noi, dato che siamo diversi gli uni dagli altri, e diversi sono inoltre anche i nostri momenti di vita (e quindi le esigenze di ogni periodo)?
E se la "dieta spirituale" fosse quella che fa sentire bene il corpo e quindi, di conseguenza, lo spirito cui è connesso?
E se ci fossero "vie" che non possiamo comprendere con la mente, ma che il corpo, con la sua connessione diretta al mondo del non-detto, ben conosce?
La mia posizione con il cibo oggi è: "decide il corpo!" Ed è la posizione più spirituale che abbia mai preso... perché quando mi curo del mio tempio, anche lo spirito che vi dimora ne guadagna in forza e presenza.
Da quando mangio nuovamente pesce e carne le mie emozioni sono più dense, la mia salute più radicata, e io mi sento davvero più in grado di scendere nella materia... Vi prego di non usare questa mia testimonianza per dar contro al vegetarianesimo o mettermi in bocca il concetto che io non lo approvi. Perché allora avrete mancato il senso di questo post, che vuole testimoniare come sia dannoso smettere di ascoltare se stessi - la propria unicità - e giudicare tutte quelle strade che appaiono diverse dalla propria. Ognuno ha il suo percorso, ogni verità ha il suo senso, il suo tempo.
Concludo questo post con una riflessione che ho scritto in un dibattito su Facebook e che tengo a riportare perché riassume il mio sentire:
[...] avevo smesso di mangiare animali non per scelta etica, ma perché le mie "vibrazioni" me lo impedivano. Però poi ci sono dei però... Ci sono altre evoluzioni, qui nella materia, che a volte richiedono di nutrirsi attraverso ciò che è stato vivo, ossia non si può evitare di nutrirsi di dolore e di lotta. Questa è la mia strada, non quella di tutti. Infatti io (e parlo di me, non di tutti!) ho potuto recuperare la salute solo reintroducendo grassi e proteine animali, così come reintroducendo nella mia psiche la possibilità di usare (in modo costruttivo) energie negative come la rabbia e la violenza [...]. È difficile da spiegare ma quello che voglio dire è che mi sono dovuta arrendere a certe leggi della vita, "notte e giorno" insieme, tutto il pacchetto: gioia e dolore, etere e carne.
Quello che "posso" fare è procurare il meno dolore possibile, non sacrificare ciò che non è necessario... quindi no animali da allevamenti intensivi e cose del genere. Mi danno dell'incoerente, mi dicono "o zero animali o sei un'assassina". Ma io non mi sono mai sentita così coerente e così alleata della vita come adesso che mi sono arresa al corpo e a ciò che vuole. Ripeto, è la mia storia, e come sempre è la storia di questo momento.

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