Il giorno che non scorgerò più alcun giudizio nelle parole dei miei famigliari, nello sguardo delle persone in strada, nelle chiacchiere in ufficio, alla radio o in tv... credo che sarà il giorno in cui sarà stata restaurata la pace sulla Terra. Ci scommetto senza indugio: 24 ore senza alcun impulso di giudizio nel mondo intorno a me potranno accadere solo quando il pianeta avrà restaurato un'era di armonia.
Giudicare è creare divisione. Divisione che a sua volta genera ulteriore giudizio. In un ciclo infinito di torbida e oscura energia che plasma in modo poco piacevole il piano fisico, emotivo e mentale. Avete notato, infatti, come ciò che si giudica (persone o cose) diventi più brutto, e viceversa come ciò che è amato cresca in bellezza e armonia?
Uscire dal ciclo del giudizio è possibile solo quando ci apriamo a un livello diverso dell'esistenza. Il livello della compassione, dell'accoglienza.
Ogni persona, ogni situazione, ha un proprio percorso di cui non conosciamo tutte le vie. Se ci fermiamo ad ascoltare, la storia degli altri rivela inaspettati intrecci con la nostra. Significa che non possiamo muovere filo dentro o fuori di noi senza che altri non ne risentano in qualche modo.
Quando giudichiamo, invece, è perché abbiamo il presupposto di essere in qualche modo "migliori", non connessi con coloro che stiamo criticando.
Se "quel tizio è un incapace" o "imperdonabile" è perché noi ci sentiamo "più bravi"...
Ma il giudizio, per quanto a volte appaia anche "intelligentemente ragionevole", in realtà è sempre molto limitato. Perché non scorge oltre quel che appare agli occhi. Non vede tutta la "trama". Ha fretta di creare scompiglio, a lui non interessa accogliere... Solo accogliendo, tuttavia, si può vedere...
I fiori dell'albero non giudicano le radici o il tronco, né i fragili germogli appena nati o i frutti caduti... ma è quello che accade fra noi umani quando giudichiamo: non ci accorgiamo di essere tutti parte dello stesso organismo, dove ognuno ha un suo tempo e un suo ruolo, l'uno in connessione con l'altro.
Certo, un conto è giudicare e un altro è valutare. Operare il discernimento è una qualità che cresce man mano che coltiviamo la nostra consapevolezza, e ci aiuta ad andare oltre l'ostacolo, a costruire quel che va costruito.
Si può giudicare l'ostacolo, oppure imparare a superarlo, sviluppando le qualità che la situazione ci richiede. In questo modo onoriamo la funzione dell'ostacolo, la nostra funzione nel superarlo, e il destino che ci ha messo insieme, consci che nulla ci viene dato che non possiamo affrontare e che sia causale...
Come facciamo a sapere se siamo nel giudizio o nella valutazione? Semplice.
Nel primo caso spesso proviamo una qualche emozione, in genere "negativa": astio, disprezzo, auto-compiacimento,impazienza, intolleranza, ecc. Inoltre col passare del tempo possiamo cambiare velocemente idea e sensazione in merito.
Nel secondo caso, siamo invece distaccati e le nostre emozioni non sono "mosse" dagli eventi. Col passare del tempo manteniamo la nostra visione in modo relativamente stabile, al più si modifica in modo coerente con la crescita della nostra consapevolezza.
Oh, non sono mai riuscita a trascorrere 24 ore consecutive senza esprimere o pensare alcun giudizio di sorta! Credo che non posso "giudicare" il resto del mondo per il fatto che giudica (!) se prima non riesco io stessa a vivere nel non-giudizio. Dunque, prima di esprimermi, attendo il giorno in cui per almeno 24 ore riuscirò a non giudicare :)
Curioso pensiero, questo: imparare a non giudicare per sentirmi "autorizzata" a giudicare chi attua il giudizio! Paradossale, no?
In tutto questo, la mente, povera stolta che in realtà poco capisce, si chiede:
Sei tu a creare la realtà? Se tu cambi, cambierà anche il mondo circostante? E in che modo, esattamente? Con quali regole e tempi?
Oppure è che cambiando il mondo anche tu cambi di conseguenza?
Oppure, ancora, ciò avviene simultaneamente?
L'unica cosa che intuisco è che quando avrò ottenuto il traguardo delle "24 ore senza giudizio", potrei accorgermi che tutto il mondo intorno a me sarà cambiato a sua volta nel non-giudizio.
E chiedersi come, quando o perché sarebbe solo un modo di non vivere la pienezza di quell'istante.
Commenti
Insomma, il giudizio è l'appiglio a cui ci aggrappiamo per la paura che ci fa la vita.
Se la vita è il dirupo, il giudizio è la ringhiera che ci impedisce di caderci dentro.
Insomma, senza quella ringhiera, rischieremmo di cadere... oppure di volare!!!
Siamo angeli inconsapevoli di avere ali: il giudizio ci serve per giustificare la nostra paura a saltare nel vuoto, a diventare consapevoli del nostro potere.
Giudichiamo perché abbiamo paura di ciò che siamo.
Riusciremo mai a liberarci di questa paura?
Un bacio
Manuel
Un abbraccio