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101. Il paradosso del cambiamento

"Come cambiare i semi di quello che siamo? ... Non possiamo! Possiamo solo accettarli e portarli con noi nelle vite che desideriamo creare... almeno credo!"

 A chi mi ha fatto questo domanda, rispondo con le seguenti parole.

In realtà c'è un unico modo per cambiare: accettare ogni aspetto di sé, e ogni emozione, al punto da non volerli cambiare. E' paradossale, ma paradossale è l'esistenza stessa, quindi non stupiamoci.

E' vero, noi non possiamo cambiare il seme di quello che siamo, tuttavia cambiamo in continuazione nel modo in cui mettiamo radici, ci nutriamo del sole, diventiamo più o meno grandi. E questo può fare una grande differenza... la differenza che intercorre tra un seme ancora inespresso e un albero che abbia messo radici maestose e dia frutti abbondanti.

Veniamo al mondo con un percorso preciso. Se sono nato come essere umano, domani non posso svegliarmi e diventare un cane. Questo non posso cambiarlo. Posso tuttavia cambiare e creare migliaia di modi diversi con cui attraversare il sentiero della mia esperienza umana. In questo, posso lasciare ferite od opportunità.

Non è che dobbiamo cambiare, è che il cambiamento è parte dell'esistenza. Anche un semplice fiume, che non è mai uguale a se stesso, ci porta questo messaggio.

Quando non riconosciamo in che modo la nostra natura interiore, e ciò che "siamo", dà forma alla creazione della realtà, non stiamo riconoscendo i nostri semi. E' come se dicessimo loro che sono sbagliati, che non vanno bene.

Magari intuiamo che in noi ci sono delle mancanze, allora ci reputiamo colpevoli, più che responsabili. O, ancora, vogliamo sopprimere il disagio di certe emozioni (quando non vogliamo sopprimere direttamente certe persone che ce le provocano!). Allora si vuole cambiare perché non c'è accettazione, perché siamo "frammentati" dentro. Questo è il cambiamento che non fa cambiare, questo è il cambiamento che non è possibile.

Il cambiare di cui parlo accade quando si vive in pieno ciò che si è, senza giudizio. Significa che c'è accettazione nel tempo infinito del momento presente. Così, pur essendo che ogni istante è diverso, non si pretende di compararlo con quello che è stato o che sarà.

Si cambia non perché siamo sbagliati o c'è qualcosa in noi che non va, ma perché la vita stessa ci chiama all'evoluzione e a diventare sempre più capaci d'amare. Un genitore che ama i suoi bambini non penserebbe mai di doverli cambiare, eppure accetta naturalmente che crescano giorno dopo giorno.

Forse, solo una mente che giudica fa caso al "cambiamento", invece di cambiare e basta!

Siamo parte di un processo evolutivo, assecondarlo significa imparare a fluire al meglio delle nostre potenzialità evolventi. Allora il cambiamento accade, e accade tanto più velocemente quanto meno abbiamo la pretesa di controllare il processo.

Attenzione: quello che siamo non è mai uguale a se stesso... quello che siamo, per sua stessa natura, è sinonimo di cambiamento! ... Per cambiare è sufficiente essere se stessi!

Se, invece, disconosciamo il nostro seme, se non lo vediamo, se non lo accettiamo, allora lo congeliamo nel tempo immobile del giudizio, nella non-vita, dove l'unica certezza che abbiamo è che non conosciamo noi stessi né il tempo dell'adesso, e il nostro potere creativo non è più nostro ma appartiene a tutto quello che è al di fuori di noi.

Quindi, se la nostra vita non ci piace e vorremmo davvero "cambiarla", occorre aprire le braccia e riceverla con amore, riconoscerla, e accettare che essa è il frutto di quello che siamo (che non è mai uguale a se stesso!). In questo modo, ci tiriamo via dal tempo immobile del giudizio, e ci rimettiamo in carreggiata con l'evoluzione.

Significa entrare nel flusso di quel che c'è, dove ogni cosa è possibile, perché non ci sono cause se non quelle del "qui e ora". Cambiare allora non è per fuggire da se stessi, ma per essere se stessi pienamente.

Non c'è molto da dire sul "modo" in cui cambiare, o su "cosa" cambiare di noi, perché credo che questo non sia un territorio di nostra competenza: non siamo noi a decidere. Non è questo il nostro compito. Nostro compito è accogliere quello che emerge dalla nostra natura profonda, portarlo dall'inconscio al conscio, ascoltando le forze che ci spingono in una particolare direzione.

Lo sforzo più importante che possiamo fare, dunque, è permettere che il nostro potenziale emerga, qualunque esso sia, e onorarlo con la qualità della nostra presenza.

A quel punto, il cambiamento procede. E' inevitabile.



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