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Superare l'assalto del dolore


Molti, soprattutto negli ultimi anni, sono chiamati ad attraversare le proprie zone oscure. Perché hanno scelto di portare luce. Come loro, anch'io avverto che c'è un ordine, da qualche parte nella mia anima, che attende di prendere forma.

A tutti coloro che stanno attraversando un momento difficile, vorrei dire che la cosa più preziosa che abbiamo è la scintilla di vita che portiamo dentro di noi, è il rispetto e l'amore per noi stessi, e la gratitudine per come l'universo ci ha sostenuto attraverso le persone e le situazioni.  Teniamolo sempre a mente.

Forse non è possibile evitare il dolore, ma è certamente possibile evitare che si muti in un veleno che continua a intossicarci. Non solo, il dolore può diventare il nostro stesso maestro per trasformarci. Ma prima di tutto dobbiamo fidarci di lui, smettere di averne paura, di giudicarlo.

Io affronto l'assalto del dolore attraverso due vie, spesso ben intersecate l'una dentro l'altra.

La prima è la via emotiva.

Restando morbida agli attacchi del dolore - cioè con un atteggiamento di accettazione attiva (e non di rassegnazione passiva) - gli dico: "Grazie, mi fido di te. Grazie, perché mi mostri il dolore che ho nascosto nel mio profondo e dal quale tendo sempre a fuggire. Ora sono pronta per vederti. Ora sono pronta per accoglierti. Ora sono pronta per amarti".


Non è un semplice dire, è un sentire... e per qualcuno può essere qualcosa di molto difficile. Perché è inconcepibile dire "grazie" al dolore. Dirgli "Ti amo" quando magari siamo noi che vorremmo essere amati in quel momento... che vorremmo "ricevere" e non "dare".
Tuttavia questo è un modo potente per permettere che l'esperienza di dolore si trasformi e ci trasformi al meglio. In questo modo ci apriamo alla vita, e accettiamo che quando qualcosa muore, quando viene meno, faccia spazio a qualcos'altro di nuovo.

La seconda via si percorre sul piano fisico.

La sofferenza inflitta dal dolore spinge a chiudersi in se stessi, a sentirsi privi di vitalità, ad abbandonare ogni attività... Ma questo accade perché c'è una forte energia, spesso alimentata dalla paura o dalla rabbia, che d'un tratto si è rivoltata totalmente all'interno di noi, come fosse un buco nero, potentissimo, che non si vede ma che invece agisce eccome, inghiottendo ogni cosa! Il segreto per cambiare la direzione di questa energia, e portarla al di fuori di noi, è "spingerla" sul piano fisico.

Forzandomi oltre misura, dunque, comincio a fare un'attività che mi richiede di muovermi e sudare. Ottime le pulizie in casa, buttar via (o regalare) cose vecchie, spostare i mobili o sistemare il vestiario negli armadi. Mettere a posto gli oggetti aiuta a mettere a posto se stessi. Io faccio anche passeggiate di ore in mezzo al verde e sotto al sole, al parco più vicino... o più lontano. La natura ci aiuta molto facilmente a ritrovare l'equilibrio... andare a zappare sarebbe perfetto!


E allora accade: d'un tratto avverto che l'energia cambia direzione, da dentro si riversa fuori... Lo si capisce perché le forze tornano, la debolezza va via e con essa anche il senso di depressione.
Possiamo anche sentire che la depressione si trasforma in "furia omicida"... ecco, usiamo questa energia di rabbia per continuare a fare ma per noi stessi, e non per focalizzarci su chi o cosa ci ha provocato il dolore.

Continuare a muoversi sul piano fisico aiuta a non riversare la potente energia generata dalla situazione sul piano mentale ed emotivo, dove alimenterebbe inevitabili sensi di colpa e pensieri distruttivi.


Essendo quelli appena descritti strumenti di disciplina, non vanno "consumati" in modo saltuario come se fossero caramelle vendute al supermercato.  La disciplina è quella volontà che si traduce in scelte che, se reiterate, permettono una trasformazione. La disciplina è tutto ciò che la società odierna teme, poiché chiede di rinunciare a un apparente "benessere momentaneo" per aprire le porte a un benessere più profondo. Richiede, insomma, la nostra presenza, capacità di scelta e l'essere padroni di noi stessi.
Richiede che non abbandoniamo noi stessi, nella consapevolezza che solo noi possiamo costruirci.
Aspettatevi una lotta durissima con la vostra "parte consumistica" che vorrà avere la meglio, facendovi provare tutto e subito per poi buttare via un attimo dopo, oppure che cercherà di distrarvi facendovi dimenticare dei vostri propositi.

Per applicare questi (come altri) strumenti, non serve la voglia di farlo, serve un estremo desiderio di stare meglio, serve la disperazione di chi sa di non avere scelta, di chi si è visto nel futuro, sul letto di morte, uguale a se stesso senza aver mai vissuto.

Usiamoli ogni volta che ne sentiamo la necessità o appena stiamo perdendo energia a causa della sofferenza. In questo modo ci ripagheranno con il massimo della loro forza.
Prima di quanto possiamo immaginare.



Commenti

Anonimo ha detto…
"Ora et labora" :)

O, come diceva mia nonna, "Ni pleindre ni gemir, mai faire e agir" (per chi non mastica francese, "Non piangere e non gemere, ma fare e agire")

Dai Camilla, sorridiamo alla vita che la vita ci sorride.

Leggerti è sempre un piacere.
Un abbraccio
Manuel

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