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Il contatto con le idee

Ogni mattina ho un appuntamento fisso con il mio diario. Mentre - lo so - trascuro il blog.
Che volete farci, sono una nostalgica del vecchio modo di raccogliere idee, quello che usa inchiostro e fogli di carta.

Quando mi avvicino al diario, so riconoscere quasi al tatto o attraverso il profumo la "qualità" di ogni sua pagina: se vi è felicità, indifferenza, tristezza... Se poi chiudo gli occhi e rivolgo l'attenzione ai fogli senza alcun preconcetto mentale (come quello che "sono solo cose"), mi pare quasi di sentirli vivi, capaci di raccontare storie che vanno oltre a quelle descritte con le parole che vi sono incise sopra.
Questo è possibile poiché la carta assorbe non solo l'inchiostro ma anche l'energia che accompagna i nostri pensieri mentre scriviamo o leggiamo. Assorbe qualità, vibrazioni, sensazioni... informazioni che usa e trattiene per sé.
Lo stesso accade se si legge un libro: dopo averlo sfogliato, studiato, vissuto... si avverte che non è più "nuovo" nel senso che in qualche modo ha raccolto una parte di noi. Così, se ci siamo un po' trasformati grazie al libro, anche il libro in realtà si è trasformato grazie a noi.
E' un tipo di soddisfazione che un e-book, da solo, non potrà mai dare.

Tutti i miei libri hanno assorbito in un modo o nell'altro la mia energia, oltre quella di altre persone se li hanno letti prima di me.
Mi capita di trovare uno stesso testo a casa di altri ma, quando mi avvicino e lo apro, posso avvertirlo come diverso. Lo sento estraneo, quasi antipatico, soprattutto se avverto che chi l'ha letto l'ha sfogliato svogliatamente, mentre la copia che ho a casa magari mi ispira "simpatia".
Oppure gli stessi libri che ho amato anni fa, in un periodo della mia vita dove ero molto diversa rispetto ad oggi, d'un tratto mi risultano lontani.
Accade perché un diario o un libro non sono cose, ma universi pulsanti che ci hanno creato e che noi abbiamo creato a nostra volta.

Una pagina digitale, un e-book, non permettono di trasformarci così profondamente come accade con un libro cartaceo (o un qualunque supporto materiale). In quest'ultimo caso i nostri sensi sono maggiormente coinvolti perché c'è un rapporto con il libro stesso, che ci coinvolge a ogni livello del nostro essere (fisico-energetico, emotivo e mentale).

Non lasciate le vostre parole più belle dentro a un mondo fatto solo di bit e che rimane sempre uguale a se stesso.
Non lasciate i pensieri che amate su un supporto che potrebbe non accendersi appena va via la corrente.
Provate a stamparli, a trascriverli a mano, riponeteli in un cassetto profumato, appendeteli su una bacheca, raccoglieteli in una cartella colorata... E magari sottolineate qualche frase, aggiungete un disegno, dei simboli, riponete tra una pagina e l'altra dei petali, delle foglie, un segnalibro che sa di incenso...

Questo non è un invito ad aumentare il disboscamento delle foreste o a boicottare gli e-book.
Io amo gli alberi quindi cerco di non sprecare la carta, la riciclo e se posso uso supporti alternativi per i miei appunti.
E amo la facilità con cui posso reperire le informazioni grazie agli e-book.
E' un invito a costruire un rapporto con quello che leggiamo e scriviamo, riconoscendo che in qualche modo ogni rapporto ha bisogno di una forma, sennò rimane incompiuto.

Il digitale è un mezzo splendido e molto utile; va usato per quello che è, per la sua leggerezza, per la possibilità di far giungere a milioni di persone, istantaneamente, tantissime informazioni.
Ma troppe informazioni, lette superficialmente e lasciate senza forma, ci inducono a non soffermarci mai, a non densificare il nostro pensiero, e in questo rischiamo di perdere il contatto... anche con le nostre stesse idee.







Commenti

Anonimo ha detto…
Ciao Cami!
Ben tornata innanzi tutto!

Oggi voglio dissentire in parte... nel senso che amo la carta, quaderni, diari e libri, con tutto me stesso...

Ma non sarei così rapido nel negare questa capacità energetica al digitale: ho provato cose simili con il mio computer. So che suona strano, ma da buon ingegnere informatico, sento un legame. Ho lo stesso pc da 8 anni e lo terrò finché dura. Riconosco i tasti, il cigolio del monitor mentre lo apro...

Insomma, c'è un legame. Forse è per il mestiere che ho scelto, per la passione. Un meccanico probabilmente prova la stessa cosa per i motori, lo scultore con i suoi strumenti ecc ecc.

Io da programmatore, leggo il codice, html, javascript, java, php... e percepisco l'energia di chi l'ha scritto. Se è principiante, se è esperto, se è triste o felice perfino.

Credo che ognuno ha "qualcosa" che gli parla.

Insomma, non so se è chiaro, ma spero di sì ;)

Un abbraccio
Manuel
Camilla Ripani ha detto…
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Camilla Ripani ha detto…
Ciao Manuel :)

Lo sai che evito di usare il computer quando sono tesa perché lo sente? E a volte ci parlo per "farci pace". E sono convinta di ricevere informazioni dalla macchina o dal software, perché ricevo intuizioni che mi fanno risolvere problemi. Lungi da me negare che vi è assenza di interazione anche con la tecnologia (anzi! è sensibilissima!)

Penso che un codice di programma per sua stessa natura sia parte del mondo digitale, è una sua espressione, mentre per quanto riguarda un libro la cosa è un po' differente. Invito chiunque a leggere/scrivere lo stesso testo (un libro, un diario...) sul digitale e poi sul cartaceo (o viceversa), e a SENTIRE con il suo essere se vi è una differenza nel modo in cui le "informazioni" rimangono dentro di lui (con quale intensità, se si trasformano, per quanto tempo...)

Il punto è che i nostri pensieri, per non perdersi nella ripetizione e nella disattenzione, hanno bisogno di un sopporto "più materiale" rispetto al solo digitale (a meno che non si abbia una forza mentale notevole). Non dico di dover scrivere ogni cosa, ma si possono ad esempio appuntare i concetti principali (usando anche immagini). E magari scoprire, così, che si tende ad avere gli stessi pensieri e che è ora di ri-orientarli...
La disattenzione del pensiero, invece, porta a disattenzione delle "forme pensiero" create...

Poi è dimostrato che leggere uno schermo video affatica diverse aree del cervello che invece rimangono più attive quando la lettura è fatta con un libro. Ma io non vorrei tirare in ballo la scienza, perché basta riflettere su come la materia sia importante nel suo farci da specchio e nel rispondere al nostro intento. La materia va usata nel modo opportuno. Anche quando si tratta di scrivere o leggere. Il digitale, in qualche modo, NON aiuta ad accorgerci del modo in cui attiviamo pensieri - sia in entrata sia in uscita. Non è la materia ideale.

Per quanto riguarda l'importanza di un supporto materiale, considera la musica... Un concerto dal vivo ti tocca, ti trasforma, ti commuove di più…
Pensa a un quadro.. Se uso il pennello e una tela, e non Photoshop, avrà una sua forza, una sua vita... avrà il supporto del mondo materiale, della sua energia.
Ancora… da quando è stato introdotto il "denaro virtuale" viene a mancare il rapporto diretto con il mondo materiale (cosa che finché veniva coniato l'oro, era assicurata), e credimi, ciò non può che condurre una civiltà verso la decadenza…

Pensare di fare a meno del supporto materiale (che può essere moderno, frutto di tecnologia scientifica e supportato dal digitale) equivale a pensare di fare a meno del mondo dei Deva (uhhh non siamo soli e ci sono tante energie intorno...). La materia infatti è il corpo fisico dei "deva", che sono energie che hanno una loro coscienza ma che rispondono al pensiero dell'uomo.
Quando leggi un libro, stai usando anche il corpo fisico e quindi l'energia di un deva il quale "partecipa" delle forme pensiero tue e dà risonanza maggiore a quelle del libro stesso.
Se io leggo un libro e te lo passo, tu raccogli anche una parte di me. Se leggo un pdf e poi te lo invio, quel pdf non ti porterà nulla di me.

Certo, se per te non è così, hai tutta la mia invidia :) ... perché io il digitale lo adoro, lo trovo comodo e veloce... e vorrei non sentire questa differenza che sento. Considera che ogni mattina scrivo a penna! (ma quando scrivo in digitale le idee sono più frammentate e stanche, mentre con la penna vado liscia come l'olio)

Continua
Camilla Ripani ha detto…
Senza tirare in causa presunte leggi spirito-materia, ti chiedo anche:

Se giungesse un cataclisma o d'un tratto cambiasse la tecnologia, che fine farebbero i video e gli e-book e quant'altro? Cosa conoscerebbero di noi i posteri?
Il digitale ha bisogno della sua tecnologia per essere letto, che appartiene al tempo e alla cultura del momento (quanti dati abbiamo perso, lasciati su audiocassete e floppydisk? Mentre i Rotoli del Mar Morto esistono ancora…)
Ecco, il digitale potrebbe anche cancellare le tracce della nostra cultura, dei nostri pensieri...

Sto esagerando?
:)
Baci
C
Anonimo ha detto…
Ecco, diciamo che nel secondo commento ho capito qualcosa :D :D :D

Scusa, ma sono ingegnere e... "Deva"??? @_@
Sono perfettamente d'accordo sulla "volatilità" dei dati digitali: tant'è che i dipinti delle grotte di Lascaux sono ancora lì! Dopo quanti millenni!!

Io associo il digitale a scrivere sulla sabbia: i monaci tibetani scrivono le preghiere e le mettono al vento, cosicché il vento le diffonda nel mondo. Ecco, il digitale è una cosa simile...

E poi anche la carta, purtroppo, ha la sua decadenza: soprattutto quella moderna, che non è più papiro. Quanti testi nel vaticano stanno andando perduti e vengono "digitalizzati"?

Un dvd è praticamente eterno, ma, come hai detto tu, serve la tecnologia e se questa va perduta, tanti saluti...

Diciamo che sono un fan della via di mezzo: se voglio passare qualcosa ai posteri, lo scrivo sia in digitale, sia in cartaceo e magari faccio pure su una tavola di pietra :)

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