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11. Meditazione e vuoto mentale

Cominciamo oggi a occuparci di uno strumento fondamentale e importantissimo: la meditazione.

Tratterò l'argomento in più occasioni, essendo vastissimo... ma metto subito in chiaro che non è possibile praticare la meditazione senza la guida di un valido istruttore che conosca i nostri meccanismi interiori. Tuttavia nel frattempo ci si può avvicinare all'idea, e l'intento di questi scritti è quello di facilitarvi l'approccio all'argomento, o anche solo di stimolare un dibattito in merito.

In base ai numerosi testi che si trovano in circolazione, si può essere indotti a credere (così come credevo io stessa in passato) che meditare equivalga a fare il "vuoto mentale": a far cadere cioè ogni tipo di pensiero. Qui tuttavia c'è il rischio di farsi male, perché con tutte le forme energetiche che ci attraversano quotidianamente, non mi pare proprio il caso di "assentarsi" e venir meno in coscienza, perché tali energie avrebbero più facoltà di influenzarci e penetrare la materia dei nostri corpi.

L'atteggiamento di ricettività e accoglienza, certamente auspicabile, è cosa ben diversa dal rendersi passivi. L'uso della mente deve essere appropriato e questo non è possibile se si crea il "vuoto mentale"; anche se la nostra mente si comporta come una scimmia impazzita, quella di abolirla non è la soluzione più costruttiva. Occorre sviluppare invece la corretta facoltà di essere presenti e mantenere l'attenzione.

Una persona presente è in grado di governare i propri moti mentali, il suo allineamento interno è massimo e allo stesso tempo è in grado di rimanere distaccata, cioè imperturbata. Avrà così uno stato di vigile attenzione e ricettività, dove l'azione (fisica, emotiva o mentale che sia) è governata dalla coscienza, e non da gesti automatici e condizionati.

Quindi, per favore, non fate e non cercate di fare il "vuoto mentale", che di matti e di zombie in giro per il mondo ce ne sono già tanti.

Siate invece vigili, attenti, lucidi.

Se intanto volete esplorare la vostra capacità di essere presenti e avvicinarvi a una tecnica di introduzione alla meditazione, potete fare così: scegliete un posto tranquillo, sedetevi a schiena eretta ma con il corpo abbastanza rilassato, chiudete gli occhi. Portate l'attenzione sul respiro, al centro del petto, e restate quindi concentrati: ascoltatelo, osservatelo con la vostra coscienza, mettetelo al centro del vostro focus interiore. Se a un certo punto subentrano altri pensieri, appena ne siete consapevoli  riportate nuovamente e dolcemente l'attenzione sul respiro, che lascerete morbido e naturale. Dedicate qualche minuto a questa pratica.

Potreste accorgervi che vi viene in mente di tutto, dalla lista della spesa al progetto da finire per il lavoro, dalla scadenza da pagare alla predica che vi ha fatto un amico... oppure che vi assentate e svolazzate in qualche stato indefinito della mente...  Ecco quindi che occorre disciplinare la propria capacità di concentrazione e presenza. È in questa presenza concentrata che i "pensieri scimmieschi" vengono meno, creando dunque quel vuoto che non è sinonimo di passività o assenza, ma paradossalmente di estrema presenza che, avendo riempito tutto lo spazio della nostra mente, non lascia entrare nient'altro). Senza di questa, non c'è meditazione.

Cito subito gli unici libri che mi sento di consigliare in tutta coscienza: gli Yogasutra di Patanjali e Lettere sulla meditazione occulta di Alice Bailey

Commenti

Anonimo ha detto…
credo che tu non abbia ben compreso cosa significhi "vuoto mentale" ma si sà le parole sono fuorvianti e distorcono l'esperienza di ciò che è, il vuoto mentale non è altro che esserci e basta, stare senza pensieri non significa che non ci sono pensieri, (almeno nei primi gradi) ma significa che non c'è più un attenzione automatica a sostenerli, quindi ciò che rimane è semplicemente l'esserci privo di definizioni, questo è il vuoto mentale, ho speriemntato diverse meditazioni e con più o meno difficoltà, per mia esperienza, tutte portano a quel "click" in cui ci sei e basta, da lì può iniziare l'esperienza di illuminazione, che per me non è un qualcosa di finito ma tutt'altro.. allora si può avere un immediata realizzazione dell'idea dell'amore universale e così via.. dipende da quanto si riesce a permanere in quel vuoto (cosa a mio parere difficile e che ci va molto allenamento, sono sicuro che anche tu l'hai sperimentato, è solo il significato alle parole date ad essere diverso, spero che questo mio commento sia gradito e sia spunto di riflessione:)

buon viaggio
Camilla Ripani ha detto…
Ciao, grazie del commento. Mi trovo vicina a quello che scrivi.
Una domanda... proprio sicuro di aver "compreso" cosa io intendessi con questo post?
(^_^) ha detto…
Fare vuoto mentale é una tecnica per svuotare la mente frenetica dai pensieri assillanti del quotidiano, lo pratico tutti i giorni così come mi hanno insegnato ed insegno dopo tre respiri profondi si entra nello stato di quiete dove il fluire dei pensieri devono scorrere senza alcuna forzatura. Vederli come delle nuvole che attraversano il cielo, ma senza prestar loro troppo attenzione, e riportando lentamente il silenzio in noi. Per chi é troppo ostico, consiglio loro di contare fino a 100 e se si sbaglia, non ricominciare ma continuare con il numero che si crede aver interroto, sempre senza costrizione o forzatura. Basterebbero al giorno anche solo 5 minuti...il corpo ne gioverebbe tantissimo.
Namaste!
Anonimo ha detto…
Quello che dici è sicuramente giusto anche se per vuoto mentale, o meglio assenza di pensieri, non si intende mancaza di presenza o di vigilanza: è proprio quando la mente si ferma che può emergere la vera "presenza", quella dell'interiorità più profonda, del sé superiore, anima, sprito, Essere, comunque si vogla chiamarla. Se i pensieri si fermano ma non si affaccia questo Sé, meglio ricorrere a un mantra o all'attenzione sul respiro, proprio come suggerisci tu. Grazie.
Maharishi ha detto…
Salve, "vuoto mentale" è tutto! E' essenziale affinchè la mente torni a fare ciò per cui esiste e cioè essere testimone di quello che accade. Nel vuoto mentale c'è consapevolezza, attenzione e vigilanza. Soltanto svuotando la mente da tutte le idee preconcette ci si avvicina alla libertà.
Vuoto mentale è pura percezione e non "essere zombie". In occidente in fatti si crede questo, il taoismo al contrario si fonda sul "vuoto". Cito una storiella Zen: "una volta un erudito andò da un maestro Zen per fargli delle domande sullo Zen. Quando il maestro Zen parlò, l'erudito lo interruppe più volte con i suoi commenti. Alla fine il maestro Zen smise di parlare e cominciò a servire il tè all'uomo dotto. Continuò però a versarlo nella tazza e il tè trabboccò. "BASTA COSì! NON CI STà ALTRO Tè NELLA TAZZA!" interruppe l'erudito. Lo so rispose il maestro Zen. Se prima no svuoti la tua tazza come puoi assaporare la mia tazza di tè?"

Vi è piaciuta? Tanti la conosceranno.
Di solito il mio maestro la terminava dicendo :"In effetti l'utilità di una tazza di tè sta proprio nel fatto che è vuota"
salute a tutti. Andrea
Francesco ha detto…
Davvero eccezionali i commenti, che hanno fatto emergere la verità nascosta dalla paura o dal indignazione di chi ha scritto il post. Forse per linflusso negativo della parola “vuoto mentale” , o forse perché osservando l’Occidente non si può far altro che notare l'inabilità , prodotta da una mancanza di allenamento allo stesso tempo generata da un modello sbagliato di vita, di saper seguire i propri pensieri che portano il soggetto ad una sorte di sbandamento e di perdizione, provocando un conflitto con la propria mente che ci porta ad essere chiamati zombie ;p xD
Camilla Ripani ha detto…
Francesco, sei proprio sicuro di aver compreso quello che ho scritto? Sei proprio sicuro che io abbia paura o indignazione nei confronti di questo "vuoto mentale"? Ci andrei più cauta con certe conclusioni e prima di esprimere facili giudizi proverei a chiedermi se ho davvero compreso quello che sto facilmente giudicando (e se ho conoscenze esoteriche e spirituali sufficienti per potermi permettere la sicurezza del mio stesso giudizio). Non aggiungo altro perché chi vuole capire non ha bisogno di altre spiegazioni, e chi non vuole capire non ne riceverà mai abbastanza.

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